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L'uscita dalla caverna

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fatto 5

La caverna di Platone e il coraggio 
 L’uomo di nome Amenadiel si trovava di fronte ad una decisione difficile: da una parte la libertà e la vita senza le catene, dall’altra gli amici, le persone da lui amate. Era indeciso sul da farsi e l’unica cosa di cui era sicuro era che questa scelta avrebbe segnato  per sempre il suo destino. Parlò ai suoi compagni e disse loro: «voi non capite, sto cercando di rendere la vostra vita migliore, di rendervi liberi, di farvi capire cosa significa vivere, assaporando la realtà senza dover guardare fisso un muro per vedere solo la proiezione di essa». Loro però sembravano non credergli, pensavano che fosse un inganno e che lui fosse solo uno sporco traditore tornato indietro una volta compresa la pericolosità del mondo esterno; l’uomo era disperato, non sapeva più cosa fare o dire per convincere i suoi compagni ormai diffidenti nei suoi confronti: «cosa volete che faccia, fratelli? Cosa posso fare per meritare la vostra fiducia?» disse e loro: «vai fuori e porta una prova che confermi la veridicità dei tuoi racconti, se questa sera ti sentiremo varcare di nuovo l’ingresso della grotta, riconquisterai la nostra stima e noi ci affideremo a te». L’uomo rispose: «Va bene, andrò al mercato e prenderò per voi una mezza luna di pane». Incamminandosi con coraggio verso l’uscita della grotta, dopo aver fatto qualche passo sulla terra bagnata dalla pioggia, intravide una donna con i suoi pargoli. Era disorientato, e non sapendo cosa fare, iniziò a seguirli silenziosamente cercando di non farsi notare.  Durante il tragitto rimase sbalordito dalla meraviglia della natura, udì per la prima volta il cinguettio degli uccelli e il fruscio delle foglie, riuscì anche a vedere alcuni animali scorrazzare liberamente nei boschi. Ebbe molta fortuna perché la donna si dirigeva anche lei al mercato per fare delle compere. Una volta arrivato a destinazione, sgranò gli occhi dallo stupore: c’erano bancarelle di ogni tipo, chi vendeva la frutta, chi la verdura, chi la carne, e chi il pesce. In mezzo alla folla riuscì ad individuare il bancone del pane, e con aria soddisfatta si diresse verso esso. Senza pensarci due volte allungò il braccio ed afferrò un pezzo di pane, si voltò e se ne andò. Dopo aver percorso pochi metri si sentì strattonare da qualcuno che lo tirò per la spalla facendogli perdere l’equilibrio e facendolo cadere. Cominciarono ad urlargli contro: «ladro! cosa pensavi di fare con quel pane? In questo paese soffriamo tutti la fame e tutti siamo in difficoltà tanto quanto te, ma questo non ti dà il permesso di rubare!». Amenadiel era confuso e allo stesso tempo curioso di sapere cosa pretendesse da lui quella gente arrabbiata.  Gli si avvicinò un losco individuo che si mostrò incredibilmente cordiale e apprensivo nei suoi confronti, lo aiutò ad alzarsi e gli disse: «provvederò io a procurarti un pezzo di pane e a risolvere la spiacevole faccenda». Amenadiel non esitò, e accettò immediatamente l’offerta a lui proposta, quell’uomo però lo fulminò con lo sguardo, dicendo: «In cambio però dovrai fare 
qualcosa per me». Per non far saltare l’accordo, apparentemente a suo favore, Amenadiel accennò un sì e annuì leggermente. Iniziarono a camminare l’uno accanto all’altro in una via quasi completamente deserta. Lungo il percorso, una volta essersi accertato di essere libero da sguardi indiscreti, l’uomo sussurrò all’orecchio di Amenadiel: «li vedi quei mendicanti lì infondo alla strada? vagli incontro e ruba tutti i soldi che hanno nel bicchiere. Io ti guarderò da qui».  Si avvicinò ad uno dei mendicanti il quale, vedendolo arrivare chiese lui un’offerta. L’uomo, ancora una volta, si trovò davanti ad una scelta difficile, condizionata dalla pietà e dalla compassione che provava per quel povero mendicante. Nell’indecisione, Amenadiel gli regalò il pezzo di pane e scappò. Iniziò a correre verso l’unica strada che gli era familiare e tornò nei pressi del suo rifugio, prima di entrare fu assalito da mille emozioni e pensieri: paura, ansia, tristezza, indecisione… e pensò: «cosa diranno di me quando i miei compagni mi vedranno entrare senza il pane? Cosa faranno?». Alla fine prese coraggio e decise di entrare, sudato e con un nodo alla gola. Amenadiel raccontò loro cosa era successo fuori, ma non gli credettero e convinti che il suo racconto fosse una grande menzogna lo cacciarono. Amenadiel non si diede per vinto e continuò a convincerli  di aver detto il vero. Dopo un momento di silenzio uno di loro disse: «ragazzi, pensiamoci, perché dovrebbe mentirci? Non abbiamo niente da perdere, quindi affidiamoci a lui!». Amenadiel spezzò le loro catene e disse ai suoi compagni di correre velocemente verso l’uscita della grotta e di andare verso la libertà.  Man mano che vedevano la luce si sentivano grati verso il compagno, curiosi e allo stesso tempo impauriti dell’ignoto. La loro corsa verso il sole venne interrotta dall’incontro dell’uomo del mercato il quale li fermò e voleva punirli perché si erano liberati dalle catene che anni prima impose loro tenendoli obbligati a vivere nell’oscurità.  Amenadiel lasciò andar via i suoi compagni e rimase solo con lui. Rifiutò uno scontro fisico  preferendo il dialogo e la riflessione disse:  
«La libertà, vedi amico, è il volo infinito 
di chi non cessa mai di aprirsi  
con meraviglia al mondo. 
Libertà è curiosità 
è non avere paura dell’ignoto. 
È osare, provare, scoprire. 
Era più sicuro per noi 
restare in catene perché  
vivere è rischiare e un po’ 
soffrire. 
Libera  il tuo cuore 
delle tue catene e sentirai  
che sapore buono ha la libertà». 
Si guardarono e insieme corsero verso il sole. 
 

 Lavoro svolto dalla III D  Ist. Comp. “Cimarosa” di Napoli. 
 

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