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L'uscita dalla caverna

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La caverna di Platone: ecco il mio finale

E poi riguardò i suoi amici. Stava per fare un passo ma si vide già morto a terra. Si girò e guardò fuori. Passò ore e ore lì nella stessa e identica posizione. Non si sentiva più le gambe. La paura di uscire e il coraggio di entrare. Il coraggio di uscire e la paura di entrare. Voleva troppo bene a quelle persone. Non poteva negargli quello che c’era fuori, ma loro volevano restare dentro: “Spero ve ne pentirete” disse il ragazzo con le lacrime agli occhi, sapeva di morire, ma per loro. Ingoiava la saliva. Prese fiato e fece un respiro profondo. Cominciò una corsa scatenata. Cercò di prendere tutti i suoi amici in braccio e portarli fuori. Schivò qualche colpo, ma si ferì gravemente. In prima battuta ne portò fuori quattro. Essi inizialmente stavano per ritornare nella caverna, ma il ragazzo li fermò e disse loro di aspettare la notte. Gli promise puntini luminosi e realtà. Ci volle molto a convincerli, ma ci riuscì.

In seconda battuta prese gli altri due, i più aggressivi e spietati. Ci vollero ore e ore. Nel portarli fuori il ragazzo cadde a terra. Era morto. I due assassini erano fuori e videro le stelle. Si girarono intorno. “Gli abbiamo tolto la vita per poi averla da lui….” Piansero tutta la notte, anche gli altri quattro. Gli dicevano grazie e scusa. Lo abbracciavano e lo baciavano. Arrivò il giorno e decisero di avvolgerlo nei fiori. Ognuno poi gli doveva dare un dono. Uno di loro gli diede una pietra, uno una collana, un altro un bracciale. Lo misero in un parco desolato. Era molto lontano. Lo misero sotto a un pesco. Lì costruirono la loro casa e distrussero quella misteriosa e maledetta caverna.

Alessandra Boccuni, 10 anni Napoli

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